Sezione preistorica e protostorica

L’illustrazione del processo evolutivo che portò alla comparsa del genere umano introduce l’esposizione cronologica dei reperti scoperti sul territorio comasco.
Le prime testimonianze locali, risalenti al Paleolitico medio (60.000-35.000 anni fa), sono quelle rinvenute a Bagaggera, presso Rovagnate, e nella grotta del Buco del Piombo, sopra Erba. Gli scavi sul Monte Cornizzolo e a Erbonne in Valle Intelvi, entrambi siti frequentati dai cacciatori-raccoglitori di 7.000 anni fa durante le stagionali battute di caccia, illustrano il periodo Mesolitico (8.000-4.500 anni fa).
 
Intorno alla metà  del V millennio a.C. si diffondono l’agricoltura e l’allevamento, ha inizio la produzione della ceramica e degli strumenti in pietra levigata, si costruiscono insediamenti stabili: è l’inizio del periodo Neolitico. Lo scavo di Montano Lucino, riferibile alla prima fase della Cultura dei Vasi a bocca quadrata, è uno dei pochi siti che, allo stato attuale delle ricerche, documenta le fasi piene del Neolitico nel comasco.
Il Neolitico recente (III millennio a.C.) è invece rappresentato dal materiale proveniente da un sito di grande interesse: la stazione palafitticola della Lagozza di Besnate (VA), giunta al Museo tramite collezionisti ottocenteschi.
 
Risalgono alla fine del Bronzo medio (XIV secolo a.C.) le armi di Ello-Oggiono presso Lecco, provenienti da un “ripostiglio”, luogo nascosto o segreto dove venivano deposti oggetti di valore, o da un deposito votivo, e alcune forme in pietra da fusione di Cermenate (CO) (XII-X secolo a.C.), interessante testimonianza della metallurgia preistorica.

La cultura di Canegrate (Bronzo recente) è rappresentata dai corredi della necropoli scoperta negli anni ’30 ad Appiano Gentile (CO), che testimonia l’affermarsi della cremazione come pratica funeraria e offre i primi esempi di corredi ceramici.
 
L’Età  del Ferro è il tema attorno a cui ruota la parte più rilevante dell’esposizione. Anche a Como, come spesso accade per le civiltà  più antiche, l’immagine della società  è ricostruita prevalentemente attraverso lo studio delle necropoli. Le sepolture sono caratterizzate dal rito funerario della cremazione: le ceneri venivano deposte dentro un’urna e collocate nella tomba insieme a oggetti di ornamento e vasi come corredo funerario del defunto.
Attraverso molte decine di corredi tombali  si segue l’evolversi della cultura di Golasecca, che si affermò tra Piemonte e Lombardia, dallo spartiacque alpino al corso del Po. I centri principali di ritrovamento si trovano sul Ticino e più ancora nella zona di Como, dove la continuità  insediativa è attestata dall’XI al IV secolo a.C.
Tra i materiali più significativi delle fasi più antiche ricordiamo la “tomba del carrettino”, il coperchio di Grandate, in bronzo decorato a sbalzo, importato a Como nell’antichità  dall’area veneta, e i ricchi corredi del periodo Golasecca IIB caratterizzati dai vasi a due o più bracci, detti “doppieri” e della decorazione a stampiglie. Gli oggetti rinvenuti nelle tombe testimoniano la progressiva apertura delle genti golasecchiane agli scambi con il mondo transalpino da una parte e, dall’altra, con l’area centro-italica e la civiltà  etrusca. Saranno proprio questi contatti a determinare la grande fioritura dell’abitato di Como nel V secolo a.C., il periodo a cui risalgono la “tomba del carro” venuta alla luce nella Cava Butti di Lazzago e numerose altre sepolture ricche di recipienti in bronzo e di ornamenti.
 
In minor quantità ma non meno importanti sono i materiali provenienti dagli scavi nell’abitato protostorico che si estendeva sulle colline a sud-ovest di Como, costituiti da ceramiche di uso comune, residui di attività  domestiche e artigianali, ma tra cui spiccano anche ceramiche di importazione dall’area greca e una moneta d’argento coniata a Populonia, eccezionale rinvenimento effettuato in via Isonzo a Prestino.
Conclude la sezione un importantissimo cimelio:  la cosiddetta “stele di Prestino”, un lungo blocco di arenaria con una iscrizione incisa che costituisce il principale documento per la conoscenza della lingua leponzia, un dialetto celtico, che si parlava nel V sec. a .C. nei nostri territori.

La discesa dei Galli in Italia segna nel IV sec. a.C. l’inizio della seconda Età  del Ferro, documentata nella città  di Como dai rinvenimenti di Rondineto, e meglio rappresentata dai corredi tombali di guerrieri provenienti dalla Valsassina e dalla Valle Intelvi.

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